Lettere dal Passato
I
Balilla di De Gasperi
Nel numero del marzo 1991 del bollettino parrocchiale ebbi
modo di spiegare la ragione di questa strana denominazione affibbiata agli
scout: i Balilla, e i più piccoli Figli della lupa erano i ragazzi
frequentanti le classi elementari, organizzazioni giovanili del fascismo allora
imperante: ci avevo militato anch'io e fui persino insignito dell’onorificenza
di Guardia d’Onore per il solo merito di aver scritto in un tema
l'espressione scarpe che i nostri soldali indossarono nei difficili
combattimenti per dare all'Italia i suoi giusti confini; a quei tempi il
patriottismo penetrava fino alle midolla. Oggi ancora mi chiedo: quali sono i
giusti confini di uno stato? La storia racconta con quanta ingiustizia vengono
imposti. I Balilla e tutte le altre organizzazioni giovanili avevano per
motto il famoso libro e moschetto: di ben altra ispirazione erano gli
scout e, proprio per questo, con grande disinvoltura vennero soppressi; ma ne
sopravvisse lo spirito in quanti vissero l'esperienza delle Aquile randage
le quali, tramontato il regime fascista, non persero tempo a riportare in vita
lo scoutismo. Ma come e perché nacquero gli scout a Vobarno? Innanzitutto dove?
Nella casa del curato e a seguito di una chiacchierata di un chierico che li
aveva conosciuti a Salò: i tre o quattro ragazzi presenti, colti
dall'entusiasmo, fecero tanta e tale pressione sul pretino, in realtà piuttosto
freddo a farli sorgere a Vobarno. Il motivo di tale atteggiamento stava nel
fatto che gli scout erano considerati una sorta di doppione degli Aspiranti,
uno dei gruppi che operavano nelle Strutture dell'Azione Cattolica, allora in piena
attività anche a Vobarno. Ma l’ostinazione di quei ragazzini ebbe la meglio e l’organizzazione
prese il via. Settembre 1945: le ferite di guerra ancora aperte, di una guerra
combattuta non solo stando al fronte, ma anche da chi era rimasto a casa. A
Vobarno oggi cantiamo alla Madonna: (…) salva fu ed incolume / la cara tua
terra! Però non mancarono vittime, rovine, disagi, fra i quali il continuo
correre ai rifugi perché grande era il pericolo che incombeva su tutti; gli
aerei alleati puntavano sulla Ferriera, ma la mira non poteva che essere
incerta e insicura; come il giorno di Pasqua del 1945, quando restò colpita anche
la casa del curato, ospite da allora e per quaranta giorni del caro Monsignore.
Molti ancora ricorderanno la celebrazione della messa di Pasqua nel rifugio,
che tanto richiamava le catacombe dei primi cristiani. Venne poi la Liberazione
e fra i nomi dei primi uomini di governo ci fu quello di Alcide De Gasperi, al
quale l'Italia dovette e deve tanto e al quale gli scout dovettero il loro pseudonimo.
Alle urla lugubri delle sirene subentrarono squilli che sapevano di nuova
melodia: le campane, rimaste timide negli anni di guerra; timide specialmente
la sera di quell'Otto dicembre, festa dell'Immacolata. Ma il suono timido tornò
presto all'orecchio a ricordare il tono accorato del Parroco col quale chiedeva
ai fedeli: Facciam voto di ricostruire il Santuario alla Rocca se la Madonna
salverà Vobarno. Dal voto ai fatti: la popolazione uscita poverissima dalla
guerra dimostrò una generosità commuovente, sebbene un grande riconoscimento
vada alla ditta Falck e all'impresa Gaidoni che ne colmarono i vuoti. In pochi
mesi venne la chiesetta e la sua inaugurazione. E la vogliamo vedere come un
elegante scherzo della Madonna la nascita del Vobarno I° proprio in quei
giorni? Fu proprio in quei giorni che i primi scout sperimentarono il loro
motto - "servire" - montando di guardia a quel ben piccolo capitale
costituito da quella trentina di lampadine che illuminavano la Rocca e la rampa
di accesso! L'episodio può oggi suscitare il sorriso. ma lo sforzo e l’impegno
prodotti per le celebrazioni di oggi non mortificano la povertà di quei giorni!
E la Vergine diede subito agli Scout un buon guadagnando la simpatia
dell'Arciprete, fatto di non poco valore, tenendo conto della mentalità dei
preti d'allora. La partenza quindi vide la protezione della Madonna, la comprensione
da parte del clero e tanta povertà; povertà non solo di mezzi e di attrezzature,
ma anche di conoscenze approfondite del movimento, con scarso aiuto da parte
dei centri provinciali, pure loro di recentissima formazione. Può far ridere:
persino difficoltà a trovare stoffa color kachi che qualificava la divisa
scoutistica; riuscimmo più tardi ad avere sette sahariane di detto colore dalla
Falck e solo allora ci fu la prima presentazione con divisa. Per appagare la
grande voglia di campeggio dovemmo letteralmente elemosinare mezzi a Vestone e
a Salò, paesi favoriti dalle truppe alleate; ma, non senza una punta di
orgoglio, oggi dobbiamo dire che i favoriti dall'abbondanza di mezzi e non
tanto dallo spirito di sacrificio, ebbero poi più difficoltà nella resistenza:
le tende prese a prestito, l'equipaggiamento ridotto al minimo, il trasporto
effettuato col carretto di un padrone e il cavallo di un altro, il sacco dei
viveri assai modesto e il rigido razionamento dei tre pasti; un pasto saltato a
piè pari perché, al momento di scodellare la polenta, ci si accorse del
verderame sul paiuolo; e Giacomo che, avendo un pane (e non so come l'abbia
potuto trovare), lo divise col compagno, quando I 'avrebbe divorato in un sol
boccone, lui che ora. già nonno, è rimasto tanto giovane nel cuore. I campeggi
successivi, per esperienza, per preparazione dei capi, per maggiore
attrezzatura ed aiuti delle famiglie riuscirono migliori in tutto, specialmente
per la bella figura che facevamo lasciando, al momento del ritorno, il campo
perfettamente pulito. Nel turno al secchiaio - leggi fiume - i meno bravi erano
il prete e il chierico: don Giuseppe e don Aldo; puntualità e precisione erano
rigorosamente rispettate: alla levata, alla preghiera, all'attività ecc. meno
che per il pasto perché tutti impegnati in altri lavori, benché non mancassero
cuochi capaci di preparare pietanze perfettamente cotte e di buona qualità,
tenuto però conto che l'appetito era sempre il miglior contorno; le battute,
più o meno spiritose, creavano quel clima di allegria che facilitava la
digestione: chissà se oggi si riderebbe ancora per tutta la giornata perché,
rompendo un silenzio insolito, qualcuno chiese del condimento con l’espressione
amó
en puninì de muì? Parola scomparsa dal dizionario e con essa quanto allora
poteva addirittura bastare per un pasto completo! Naturalmente c'era di meglio
per divertirsi la sera al fuoco di bivacco: scenette preparate con buon gusto e
anche con una certa intelligenza, che spesso lasciavano “tirare la morale".
Tante soprattutto le barzellette, a proposito delle quali ricordo la
preoccupazione di Massimo che, sentendo Sergio annunciare la sua, si fece
vicino all’assistente per dirgli: Sarà sporca? Io voglio fare la Comunione
domani! Rassicurato per la correttezza del suo proponimento, si mise in
tranquillo ascolto. È ancora di quella sera il ricordo del fischio di fine
bivacco in perfetta sincronia con un rumorino la cui origine è facile da
indovinare! E non si poteva impedire una risata che veniva con tanta
spontaneità! Perciò fu lo stesso Baloo che, fatto insolito, invitò a farla.
Invece, soltanto dopo la sua insistenza, venne la bella esplosione evitando così
l'inutile sforzo di soffocare quanto veniva tanto prepotente e anche...
legittimo. L'invito alla risata fu ripetuto addirittura dal celebrante della
Messa perché ormai era avvertito da tutti il suo penoso tentativo di star serio
mordendosi le labbra; bastò così poco perché la voglia di ridere passasse. In
merito della Messa, c’è da dire che non tornava per nulla pesante. anche se celebrata
ogni mattina prima di colazione col digiuno dalla sera precedente. Per una
delicatezza di scienza che rasentava Io scrupolo, c'era frequente la
confessione di tutto il gruppo: bello lo spettacolo di sapersi sparsi qua e là,
raccolti in preparazione, mentre il confessore attendeva seduto sul ceppo di un
abete. Né cattiva accoglienza era fatta alla sera a una parte del Rosario,
recitato intero solo la Domenica e seguito da un altro, su precisa richiesta di
Armando, e ben accolto da tutti, come contropartita di gioia all'apparire del
sole in seguito ad un'intera settimana di pioggia che ci aveva obbligati a
rifugiarci nella stalla di una malga. Spettacolare poi era il gruppo delle
Dolomiti che ha alleggerito di colpo giorni tanto pesanti e che, con altre
cosette, maturò il fervore del secondo Rosario. Brevissima e in canto la
preghiera a fine bivacco seguita dal riposo e da un sonno profondo: disturbato,
a una certa ora, solo quello di Carlo per la pipi e qualche volta dal
fischio del Capo per casi di emergenza: naturalmente simulati. Finta sembrava
in partenza anche la paura di qualche disgrazia capitata a Gianni, che
risultava assente da poco; mentre creò vero spavento la vista di lui appeso ad
una pianta, penzolante un impiccato: caro capo, non farcene più di tiri cosi
brutti! Con colore meno tragico l'allarme di Brescia due per
l'infortunio di Giacomo trovato in fondo ad un burrone con una gamba rotta:
partenza pronta da parte dei più robusti con barella stile scout, improvvisata
in pochi minuti, e quindi trasporto al campo. Ma quando il ferito balzò in
piedi scoppiando in una fragorosa risata, Nino esclamò: Questo scherzo non
mi va! Ma uno scherzo davvero più brutto glielo tirò l'infarto che lo rubò
non solo alla famiglia, ma anche agli scout. Lo precedette nel cammino alla
casa del Padre uno dei fondatori del Reparto dal nome che più gli tornava bene:
Giocondo. Di tante sue trovate, alcune come era lui, ricordo solo la
crocifissione di Titela: tutti gli accorgimenti del Caso per evitare
ogni più piccolo dolore, legò alla croce il più piccolo del gruppo e Io espose
in mostra agli operai che uscivano dalla Ferriera in quell'ora e che passavano
davanti a quella che lui aveva battezzata Casa buffa: Titela, piccolo
crocifisso di ieri l’altro che portavi inconsapevole mente c cuore degli scout
a tanti veri poveri Cristi!
A fine
ciacolada? Robe serie: ecco le tappe della vita dello scout vobarnese con
la Madonna:
1945:
Rinascita del Santuario e nascita dello scout di Vobarno;
1950: Scorta
d'onore alla Madonna Pellegrina: il canto Madonna degli scout conquista
i fedeli ai piedi della Pellegrina.
1995: Fatto grande e Ormai adulto lo scout è ancora con
mamma Maria.
Don Giuseppe Frascadoro