Lettere dal Passato
Perché il gatto leccò la scarpa di don Giuseppe
11 Settembre scorso, è da poco finita la Messa del Lunedi
della Madonna della Rocca, concelebrata dai sacerdoti vobarnesi di nascita o di
ministero; cerimonia sempre suggestiva e piena di ricordi che si ravvivano.
Soprattutto guardando le persone convenute, quando Ezio (Faberi) mi comunica
che si Sta organizzando il cinquantesimo della costituzione del Gruppo Scout a
Vobarno. Mentre si parla, cercando di non perdere il filo del discorso, avendo
Io sguardo attento per salutare le persone che si fermano o ci passano vicino
per non sciupare l'occasione reciproca di un raro momento di incontro, Ezio mi
chiede la disponibilità a ricordare per iscritto un aneddoto di vita trascorsa
nella "promessa" e con il fazzoletto al collo. Mi basta chiudere gli
occhi ed i ricordi sono presenti, forse per il fatto che la nostra giovinezza è
trascorsa senza l'invadenza della televisione con le sue immagini prepotenti ed
i suoi suoni rumorosi, ...e per ogni campeggio la memoria mi presenta più di un
fatto curioso: l'assalto degli scouts francesi ed il cavallo giocherellone che
rincorre il cicciottello Lucio (Lavetti) a Molina di Ledro. la Santa Sinforosa
che sparse il fegato per i suoi figliolini, lettura della Messa con la voce di
Aldo (don Camisani) con conseguente momentanea impossibilità a continuare la
celebrazione a causa di contratte risate viscerali ed il si dice che,
nonostante il ferreo digiuno in vigore sin dalla mezzanotte, un grappino
"evaporò" di notte nella tenda dei "preti" (don Giuseppe e
Aldo il chierico), pena la loro sopravvivenza, durante il freddissimo campo di
Val Nambrone (1957)... e potrei continuare, ma guardando l'album delle
fotografie mi soffermo su alcune istantanee del Campo di Roncone ( 1956). La
preparazione durò tutto un anno nella vecchia sede scout di via Garibaldi, già
saletta del cinema muto con "Ridolini", "Zorro" e
"Cabiria", nella casa di don Giuseppe, ritrovo giovanile 24 Ore Su 24,
come dire: la porta sempre aperta per tutti. L'ansia cresceva verso l'attesa
del giorno della partenza per il Campo. Avevo fatto doverosamente un primo
impolverato sopralluogo in "Vespa" con il Capo Giancarlo (Knerich):
con obbligatoria visita al Parroco del posto per spiegare chi eravamo e per
confermare che il nostro assistente don Giuseppe aveva il patentino per dire
Messa, quindi la verifica del territorio, il permesso di piantare le tende, il
terreno, il ruscello, il legname per le varie costruzioni, la farmacia, il
panificio. Per i viveri da rifornire la cambusa avevamo toccato con mano ancora
una volta la generosità di Pippo e famiglia (Zane) con l'offerta delle
cioccolate "Cedrinca", l'impegno della signorina Alice (cugina, oltre
che "sorella" e "madre" di don Giuseppe), sempre
disponibile per tutti e per qualsiasi cosa, per avere il formaggio ed il latte
in polvere dono del "Popolo Americano" , i fagioli che non cuocevano
mai, la pasta tipo "subiotti” a formato unico. Poi la paglia di grano per
i pagliericci marca "sacco di iuta" ed infine le poche migliaia di
lire di iscrizione cadauno, risparmiate a fatica, per il pagamento della carne
in scatola e pochi extra, ovvero tanto pane. II viaggi, naturalmente in
"prima classe", con aria pura, seduti sul cassone del camion del
Cesare (Ravera): il motore, costantemente incerto nei giri ma sicuro per
l'andata, che recuperava giustamente la grande fatica del salire con la discesa
del ritorno. Usciti dal confine del Comune di Vobarno, già sulla salita di
Lavenone, con un orecchio all'impegno del motore del camion, ci sentivamo
lontani da casa mille miglia; tutti entusiasti nelle nostre uniformi poco
"uniformi" per i colori delle camicie e dei calzoncini che conoscevano
tutte le sfumature per i lavaggi al mastello o le eredità di fratelli o
parenti... ma c'era l'orgoglio della divisa. L'arrivo e quindi la
predisposizione degli spazi, la preparazione delle tende con il controllo
accurato dei buchi per capire dove mettere la testa delle brande da costruire
con i legni e lo spago incrociato, la posizione dell'alzabandiera e la zona
dell'altare della Messa, l'area delle cucine e dei tavoli, il posto del fuoco
di bivacco e naturalmente fuori zona il luogo per i bisogni corporali: alla
"gatto". pala-buca-bisogno-copertura con la terra smossa per la buca.
La tenda della cambusa e del Capo in luogo a giusta distanza dalle altre, per
le chiaccherate a bassa voce del dopo "silenzio", per una sigaretta
tollerata in complicità partecipata di don Giuseppe, la preparazione del
giornale di campo redatto con una vecchia macchina da scrivere a bacchette,
prestito di mio padre: la stessa che batté, qualche giorno dopo il nostro
arrivo al campo, la notizia del naufragio della "Andrea Doria":
notizia Ietta al mattino in paese, durante la spesa quotidiana del pane fresco,
sul giornale affisso in bacheca. Una sera, credo durante o subito dopo un gioco
notturno che prevedeva la nostra difesa nei confronti di eventuali sconosciuti
intenzionati a recare danni al campo, don Giuseppe muovendosi nel buio della
notte, infilò il piede direttamente nel marmittone militare che veniva
utilizzato per sciogliere e scaldare il latte in polvere: risultato calze e
scarpe dal sapore di galatina; naturalmente venimmo avvisati per pulire il
contenitore per la colazione del mattino dopo, ma ritenemmo di utilizzare
l'occasione per predisporre un gioco a punti Con la domanda: "perché il
gatto leccò la scarpa di don Giuseppe? Le squadriglie effettuino le opportune
indagini cercando la soluzione da portare questa sera al fuoco di bivacco".
E qui purtroppo non ricordo chi vinse la gara, anche perché pretendereste
troppo da
Donato (Corsini)